Rivista #229: “Bitcoin e Blockchain”

Sul fascicolo 229 (Ottobre 2018), attualmente in edicola, proponiamo un articolo che – approfittando della grande notorietà assunta recentemente dai Bitcoin – analizza il sistema che ne è alla base e che trova applicazione non solo nei Bitcoin: la blockchain. Spieghiamo anche (in fondo siamo una rivista di elettronica!) come minare i bitcoin utilizzando una piattaforma hardware essenziale come Raspberry Pi.

Nella società di oggi tutto evolve rapidamente: lo stile di vita, le comunicazioni… perfino il concetto di lavoro. Ma ci sono cose che non cambiano, come i presupposti dell’economia, sui quali tutti noi basiamo la vita di tutti i giorni: per acquisire un bene serve qualcosa che consenta lo scambio e che per elezione è il denaro.

Oggi però, l’evoluzione tecnologica vuole provare a cambiare radicalmente il nostro concetto di scambio e di denaro. In questo articolo approfitteremo della grande notorietà assunta dal Bitcoin per analizzare il sistema che ne è alla base e che trova applicazione non solo nel Bitcoin: la blockchain.

Vedremo come funziona e a che cosa serve. Il fenomeno è, ormai, abbastanza diffuso e molte persone si stanno avvicinando al mondo della blockchain, del Bitcoin e delle criptovalute più in generale, tuttavia troppo spesso non hanno competenze dal punto di vista tecnologico, matematico né economico per farlo scientemente. Proveremo, quindi, a rispondere ad alcune delle domande più comuni, su cosa sia e cosa voglia dire la blockchain, come funziona il Bitcoin e qual è il suo significato o il suo utilizzo, comparato alla moneta classica. E poi vedremo come fare a rendere il nostro PC-on-a-Board (alias Raspberry Pi) un elemento attivo della blockchain, facendolo diventare un instancabile minatore digitale. Proveremo, inoltre, a calcolare quanto costa “minare” un Bitcoin. 

BLOCKCHAIN E BITCOIN

Cerchiamo di capire come funziona la blockchain attraverso un confronto con le grandezze e i concetti economici che già esistono e con i quali abbiamo una certa familiarità. Successivamente potremo entrare nel dettaglio della tecnica che genera i Bitcoin.

Il Bitcoin è una moneta virtuale il cui nome deriva dall’unione di coin (moneta) e bit; può essere utilizzato a livello globale e, come ogni altra moneta, può essere soggetto a conversioni di valuta. Creato nel 2008 da una persona conosciuta con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto e lanciato ufficialmente nel 2009, il Bitcoin è arrivato a superare il valore dell’oro ed ha addirittura oltrepassato i 17.000 dollari nel dicembre del 2017. Uno degli aspetti interessanti del Bitcoin è che con la sua nascita è stato introdotto un sistema monetario che opera in modo differente da quelli tradizionali e che si basa sulla decentralizzazione e sull’anonimato.

Delle due caratteristiche, la prima implica che il sistema monetario sottinteso dall’adozione del Bitcoin, non preveda l’istituzione e quindi l’utilizzo di alcun organismo di controllo centrale, mentre le monete convenzionali sono gestite da una Banca Centrale, che è un organismo di controllo che le emette e garantisce che non siano false o contraffatte, ma anche che il cambio sia coerente. Il Bitcoin non ha bisogno di un organismo di controllo centralizzato e il motivo di ciò sarà chiarito tra breve.

La caratteristica dell’anonimato, invece, implica che l’identità di coloro che utilizzano il Bitcoin non venga mai rivelata, al contrario di quanto avviene con le valute tradizionali. Peraltro l’anonimato è garantito dal fatto che il Bitcoin è una valuta crittografata. I pagamenti in Bitcoin avvengono con soluzioni basate su blockchain, ovvero una tecnologia che consente il passaggio di informazioni all’interno di una rete di computer tra i nodi che la compongono. Le caratteristiche che rendono la blockchain così interessante sono la sicurezza, la trasparenza e l’anonimato.

La questione dell’anonimato è probabilmente la più controversa, soprattutto per via del fatto che l’economia globale sta cercando di arginare fenomeni di criminalità diffusa, riciclaggio del denaro, traffico illecito, vendita di armi, droghe e sostanze pericolose, nonché altre problematiche alimentate dall’utilizzo del denaro contante, il cui scambio non è tracciabile.

Parimenti, il Bitcoin non consente il tracciamento, ragion per cui è timore diffuso quello che possa essere un veicolo privilegiato di riciclaggio; di tali questioni imprescindibili, che esulano da questa trattazione, si stanno occupando studiosi, giuristi, politici, sociologi, tecnici, giornalisti ed economisti.

Come molte altre tecnologie di facile utilizzo ed accessibilità, anche quella delle criptovalute si è diffusa molto velocemente e può essere utilizzata da chiunque scaricando e installando semplici applicativi software o collegandosi a determinati siti web, che consentono di inviare, ricevere e memorizzare Bitcoin alla stregua di un vero e proprio portafoglio online. Ciò che però preoccupa è che gli operatori di questi servizi non figurano tra i soggetti “coperti” dalle normative antiriciclaggio.

Dal punto di vista economico, di tempo ne è passato dal primo sistema finanziario in cui “1 g d’oro valeva il suo controvalore in oro”; la golden share è stata eliminata e il controvalore sembra un concetto superato, anche grazie al numero e al tipo di diversi prodotti finanziari attualmente disponibili sul mercato.

Il sistema economico mondiale si sta, infatti, smaterializzando sempre di più: questo dipende sia dal fatto che le economie sono diventate di servizio, sia dal superamento del concetto di produzione industriale e materiale come unico mezzo per poter stabilire che esista qualcosa cui dare un prezzo. Quando andiamo in giro per negozi, accettiamo l’idea di acquisire un bene materiale in cambio di carta con delle figure convenzionali disegnate sopra, ossia le banconote: ciò perché siamo tutti d’accordo che quel pezzo di carta abbia un determinato valore.

Accettiamo anche il concetto che un negoziante debba recepire questi pezzi di carta come forma di moneta di scambio. Accettiamo altresì che le monete non siano tutte uguali, che esistano dei tassi di cambio, che tutte abbiano un valore intrinseco, che possano sostituire l’oro per via del fatto che sono più facilmente utilizzabili, che le monete in circolazione siano tutte autentiche perché c’è un organo di controllo che lo verifica.

Tutti questi assunti sono figli di una serie di presupposti che tengono in piedi il sistema economico così come lo conosciamo oggi. Di fatto la moneta convenzionale è un’obbligazione, emessa dalla Banca Centrale dello Stato e che si impegna a fornire il controvalore a chi la restituisce alla stessa banca.

Il Bitcoin è fuori da questa logica, quindi in molti si fanno domande come: “quanto vale un Bitcoin?”, “Se compro un Bitcoin che cosa ho in mano?”, “Dove posso spendere un Bitcoin?”, nonché la sua versione semplificata “Posso comprare il pane con Bitcoin?”.

Sono domande che strappano un sorriso per la loro semplicità e non c’è da stupirsene, perché l’attuale sistema economico è stato concepito affinché fosse fruibile anche dalla persona più incolta. Ma siccome nel futuro la moneta potrebbe essere virtuale e digitale, è opportuno spiegare il meccanismo, non certo semplice come quello del denaro convenzionale, che le sta alle spalle e che passa dalla blockchain.

Tutti quelli che hanno un conto corrente, indipendentemente dal numero di movimenti, sanno che in ogni momento è possibile controllare il saldo, quali sono state le transazione effettuate, sia in ingresso sia in uscita, e tutti gli estremi dettagliati dei destinatari del denaro che non è più disponibile. La banca è legalmente responsabile di memorizzare tutte queste informazioni all’interno di un sistema privato e protetto. Deve altresì consentire  imperativamente l’accesso ubiquo a tali informazioni ai propri clienti, in qualsiasi momento.

L’accesso a queste informazioni è consentito soltanto ai titolari del conto e agli operatori abilitati della banca stessa. Questi criteri garantiscono, con assoluta certezza, e per tutti i soggetti coinvolti, che i movimenti siano riservati, privati, tutelati ed autentici in qualunque istante di tempo.

Fin qui tutto bene; ora proviamo ad immaginare un database che possa contenere un numero infinito di elementi. Supponiamo, inoltre, che ogni volta che la banca scrive un nuovo record all’interno del database, definisca la prima transazione, di seguito la seconda e così via dicendo, rispettivamente utilizzando il codice “1”, “2”, “3”, ecc.

Dopo un certo numero di transazioni, la banca, sui suoi database, inizierà a scrivere il record “i” ed i successivi “i+1”, “i+2” e così via dicendo.

Quanto detto consente di fare due considerazioni:

  • non è possibile scrivere una transazione con indice precedente perché la scrittura dei record all’interno del database è univoca e avviene in un solo verso;
  • se in un certo lasso di tempo la banca sta scrivendo il numero “k”, la corrispondente transazione non può ancora essere ritenuta valida; ciò è analogo, in qualche modo, alla differenza che c’è fra saldo contabile e saldo disponibile, quindi qualcosa che per noi è familiare; le operazioni vengono contabilizzate nel tempo necessario a che ciò avvenga e ciò implica che tutte le transazioni precedenti “k” possono essere consultabili, mentre quest’ultima no.

Un’altra considerazione riguarda il costo della transazione, vale a dire la commissione, giustificata dalla copertura dei costi di esercizio dell’attività bancaria; l’importo di questa commissione non è fisso ed è, anzi, soggetto alle regole del libero mercato, per cui ogni banca può decidere il proprio. Rimanendo sul tecnico, il Bitcoin può essere facilmente concepito come una serie di stringhe di codici univocamente definiti che hanno valore soltanto perché accettati come moneta di scambio tra gli utenti; i codici in oggetto funzionano come dei veri e propri conti correnti.

Più che un meccanismo di scambio basato su una moneta, si può pensare a un sistema ibrido: una vera e propria ridefinizione del baratto, ma in chiave digitale.

L’articolo prosegue con:

CENTRALIZZATO VS DECENTRALIZZATO

È TUTTO CHIARO?

BITCOIN IN PRATICA

QUANTO COSTA MINARE UN BITCOIN?

 

CONCLUSIONI

Questo articolo è nato con la chiara intenzione di trasformare dei concetti economici, oggettivamente, a volte, molto complicati, in qualcosa di più semplice. Chiariti i presupposti teorici, è stato incredibilmente più immediato comprendere cosa la tecnica abbia creato. Siamo di fronte all’inizio di una nuova era economica che ha, come fondamento, la digitalizzazione spinta del concetto stesso di scambio. Dopo aver analizzato questo scenario futuribile,  abbiamo visto e toccato con mano nel dettaglio che cosa può voler dire utilizzare una moneta virtuale, provare a diventare parte della blockchain, ma anche minare un Bitcoin. Tutto ciò a partire da una piattaforma hardware a basso costo, ovvero Raspberry Pi. Abbiamo visto i passaggi fondamentali per rendere operativa la scheda, analizzato le sue prestazioni e proiettato, sul lungo periodo, il costo di un Bitcoin, allo scopo di farci un’idea di quanto possa essere sostenibile economicamente, per un privato, minare un Bitcoin e, conseguentemente, del perché esistono interi stabilimenti all’interno dei quali si lavora con una mole impressionante di calcolatori ad altissime prestazioni solo al fine di creare blocchi aggiuntivi per la blockchain.

D’altronde la blockchain non è più qualcosa di lontano dal settore finanziario, perché già in maggio scorso è avvenuta, tra due banche (HSBC ed ING), la prima transazione basata su di essa e ciò potrebbe avviare l’impiego su larga scala.

L’articolo completo è pubblicato sul numero 229, Ottobre 2018, acquistabile in tutte le edicole.

 

 

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